Beni confiscati, il report di Libera sul riutilizzo sociale

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Un popolo variegato di associazioni, cooperative sociali, del mondo del volontariato dalla Lombardia alla Sicilia protagonisti della trasformazione da beni in mano alle mafie a beni comuni e condivisi. In occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Sono 991 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni, in 359 comuni. Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica. Più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia (525) mentre le cooperative sociali sono 217 (con 5 cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e 26 consorzi di cooperative). Libera con la ricerca “Raccontiamo il bene” – Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie vuole raccontare, dopo ventisette anni, il Belpaese, dove in silenzio, opera  una comunità alternativa a quelle mafiosa, che lavora e si impegna a  realizzare un nuovo modello di sviluppo territoriale. Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa. Il 40% riguarda appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; il 18% ville, fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale, palazzine; il 19% terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); il 10% locali commerciali o industriali, capannoni, magazzini, locali di deposito, negozio, bottega, uffici. “Dopo 27 anni dalla legge 109 – commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera – sono 991 soggetti dell’associazionismo, realtà del mondo religioso, gruppi dello scautismo e della cooperazione che, ogni giorno, danno una nuova vita ai beni confiscati, rendendoli sempre di più luoghi comuni. Producono un’economia sana e pulita, che non guarda al profitto ma allo sviluppo della persona e delle sue abilità, un’economia sostenibile e con la mano tesa verso l’ambiente. Nei prossimi mesi continueremo la nostra attività di monitoraggio per arrivare a una grande assemblea nazionale, con tutti i soggetti che lavorano sui beni confiscati alle mafie e ai corrotti. Forte il nostro impegno anche per non far spegnere il dibattito politico e legislativo su questi temi: non siamo disposti ad accettare attacchi alla normativa sulle misure di prevenzione e sul riutilizzo, che riteniamo uno degli strumenti più importanti per il contrasto alle mafie e alla corruzione. Servono, invece, strumenti sempre più precisi e sistematizzati per gestire il grande numero di beni immobili e di aziende confiscate, per poter trasformare questo patrimonio in vera opportunità per il Paese”. La fotografia in Campania delle pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. In Campania sono 162 le realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata. Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore ci sono 75 associazioni, 37 Coop sociali e consorzi di cooperative, 5 Enti ecclesiastici, 4 Enti pubblici con il terzo settore, 3 fondazioni e 2 gruppi scout. Ben 58 soggetti gestori svolgono le loro attività in appartamenti, a volte con box auto o con dei piccoli giardini; 28 le esperienze di gestione di terreni agricoli; 24 esperienze hanno in gestione delle ville. Sono 84 i soggetti gestori che svolgono attività legate a servizi di welfare per la comunità; 30 si occupano di promozione del sapere, turismo sostenibile e cultura e 21 di agricoltura. 19 soggetti hanno scelto di intitolare la loro esperienza ad una vittima innocente delle mafie. “La Campania – commenta Riccardo Christian Falcone, responsabile del settore beni confiscati di Libera Campania – è tra le prime regioni italiane per numero di soggetti gestori di beni confiscati. 161 realtà che ogni giorno danno vita ad esperienze straordinarie di riscatto, cambiando concretamente il volto dei territori dove operano e dimostrando che la camorra si può sconfiggere. Un mondo variegato che dà corpo allo spirito più autentico della legge 109 e che va conosciuto, sostenuto e valorizzato. Il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati è l’unica strada possibile per restituire alle comunità quanto le mafie hanno loro sottratto con la violenza, la corruzione e il sangue delle vittime innocenti”. In Campania sono 75 i progetti di rifunzionalizzazione dei beni confiscati approvati e finanziati dal PNRR. Interessano 51 enti per un importo complessivo di circa 109 milioni di euro. Libera ha elaborato i dati dell‘Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (al 25 febbraio 2022): in Campania sono 3.102 i beni immobili (particelle catastali) destinati mentre sono in totale 3641 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sono invece 330 le aziende confiscate e destinate mentre sono 719 quelle ancora in gestione. Gli importanti risultati raggiunti in termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e dei corrotti e le sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale, richiamano sempre più l’attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che richiedono uno scatto in più da parte di tutti. Per queste ragioni, chiediamo con urgenza e rilanciamo le seguenti proposte:

  • Aumentare la trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni. È necessario accrescere il livello di trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni in materia di beni confiscati, affinché la piena conoscibilità dei dati e delle informazioni possa essere da stimolo per la partecipazione democratica dei cittadini e delle cittadine;
  • Il terzo settore: protagonista di una rivoluzione quotidiana. I principi della co-programmazione e della co-progettazione, e di conseguenza il coinvolgimento attivo di tutto il terzo settore, devono essere presupposti per tutti gli interventi normativi pubblici e per gli interventi di sostegno finanziario pubblici e privati;
  • I finanziamenti: un sistema integrato per la valorizzazione dei beni confiscati. È urgente che vengano messi a sistema tutti i finanziamenti pubblici (locali, nazionali e di derivazione europea) che possono trovare negli immobili confiscati strumenti di realizzazione delle politiche pubbliche.  Nell’ambito delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu, la valorizzazione dei beni confiscati non dovrà riguardare soltanto opere di ristrutturazione e ri-funzionalizzazione, ma comprendere anche la fase di start up e di gestione delle esperienze di riutilizzo. Così come, gli interventi di sostegno dovranno interessare tutte le Regioni e non solo il Sud e le Isole;
  • La normativa antimafia: passi in avanti per l’implementazione. Il Codice Antimafia deve essere attuato in tutte le sue positive innovazioni, quale strumento efficace di contrasto patrimoniale alle mafie; è necessario che diventi effettiva l’estensione ai corrotti delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alle mafie, assicurando così la piena equiparazione della confisca e del riutilizzo dei beni tolti ai corrotti e alla criminalità economica e finanziaria;
  • Il diritto al lavoro: costruire mutualismo attraverso l’economia. Le esperienze dei workers buyout e di cooperative di lavoro nate all’interno di aziende sequestrate e confiscate dimostrano la necessità di un dialogo costante tra enti pubblici e partenariato economico e sociale. A partire dai tavoli provinciali presso le Prefetture, le istituzioni possono garantire la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate e un supporto adeguato al fine di garantire la loro continuità imprenditoriale.

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