Malattie del fegato, record a Gragnano: curati 4mila pazienti

Intervista al Dottor Carmine Coppola, direttore del Centro di Epatologia, eccellenza della sanità regionale

0
2524
Le malattie del fegato ed in generale le patologie collegate a insufficienze epatiche sono molto  diffuse e la cura delle stesse è fondamentale. Di questo ed altro  parliamo con il dottor Carmine Coppola (nella foto), Direttore della Unità Operativa di Epatologia ed Ecografia Interventistica dell’ospedale di Gragnano, presidio ospedaliero dell’Asl Napoli 3 Sud. Il Centro di Epatologia è una eccellenza di rilievo regionale e non solo, negli ultimi anni ha fatto registrare numeri straordinari in termini di pazienti assistiti e curati. Il reparto guidato da Coppola in particolare ha raggiunto un record: ha curato più di 4mila pazienti e moltissimi sono quelli che hanno superato problemi gravi come l’epatite C.  

Il Centro di Epatologia di Gragnano, nell’Asl Napoli 3 Sud, è il polo di riferimento per le patologie epatiche. L’epatite C,  con i nuovi farmaci innovativi, costituisce ancora un problema?

Il Centro di Epatologia della ASL NA3 sud, che dirigo da oltre 20 anni, è l’unico specialistico aziendale e copre un bacino d’utenza di oltre 1 milione di abitanti. Vengono seguite tutte le patologie legate alla sfera epatologica: dalle epatiti virali, a quelle metaboliche, autoimmunitarie, alla malattia di fegato alcol correlata. Molte migliaia sono i pazienti seguiti. L’avvento di questi farmaci per la cura dell’HCV ha stravolto  lo scenario epidemiologico delle epatopatie croniche in Italia e nel mondo. Il sud Italia ed alcune regioni meridionali tra cui la Campania, hanno un tasso molto più alto numero  di persone con epatite C rispetto ad altre regioni nazionali ed al resto d’Europa. L’impatto che ha questa infezione cronica sulla vita dei pazienti, in termini di qualità di vita e a livello economico, ne hanno fatto, da sempre, uno dei principali spunti di stimolo per la ricerca in campo farmacologico. Il traguardo scientifico raggiunto è assolutamente unico per la scienza medica. Siamo passati dal maneggiare terapie lunghe e complesse, che comportavano un aggravio notevole per la vita personale e sociale del paziente nei lunghi mesi di terapia (il tutto non ripagato da un tasso di risposta sufficientemente alto), a terapie condotte con l’uso di una o tre pillole assunte al massimo per 2/3 mesi. Negli anni dal 2012 al 2013, poi, abbiamo iniziato a toccare con mano i nuovi antivirali diretti per la cura dell’epatite C, ma questi erano gravati da pesanti effetti collaterali che si aggiungevano a quelli già noti di interferone e ribavirina. Il paziente doveva assumere oltre all’interferone altre 18 compresse al giorno con effetti collaterali indesiderati molto pesanti e risultati insoddisfacenti.

Quando sono arrivati gli antivirali di nuova generazione?

La notizia, nel 2015, della commercializzazione e della possibilità di avviare gli antivirali diretti di seconda generazione (inizialmente ai pazienti con stadi di malattia epatica più avanzata), ci ha consentito di realizzare il sogno di poter curare definitivamente una malattia ostica con poca fatica per il medico ed il paziente. Sono stati finalmente raggiunti alti tassi di guarigione, che quasi sfiorano il 100%, uniti alla breve durata dei trattamenti e all’assenza di effetti collaterali importanti. Le terapie possono essere utilizzate con successo in tutti i genotipi di HCV, in pazienti con cirrosi avanzata e danno renale severo e nei trapiantati da organo solido.

Si può dire che oggi siete un polo di riferimento regionale, capace anche di attrarre pazienti da altre regioni e territori ?

Sì  assolutamente. Ed il Centro di Epatologia dell’Ospedale di Gragnano è stato il primo centro prescrittore regionale che è riuscito, dopo circa 2 anni dall’arrivo dei nuovi farmaci, a curare un grandissimo numero di persone. Il primato dei primi 1000 pazienti guariti dal virus, traguardo conquistato dopo circa 2 anni dall’avvio della prima terapia con DAA, è stato festeggiato con un evento organizzato presso la sala convegni dell’ospedale di Gragnano. L’attività di eradicazione del virus HCV è stata portata avanti negli anni successivi a tambur battente. Ad oggi sono stati trattati oltre 4000 pazienti, considerando la battuta d’arresto determinata dalla non ancora conclusa pandemia da SarsCov2. Tranne un breve periodo di fermo per l’emergenza sanitaria, abbiamo sempre continuato ad arruolare pazienti da avviare a terapia, ovviamente sconvolgendo tutte le procedure. Per garantire le misure di sicurezza per i pazienti e gli operatori abbiamo distanziato le visite, iniziando alle 8 del mattino e protraendo fino a pomeriggio inoltrato.

Considerando le ovvie difficoltà determinate dalla crisi pandemica,  avete programmato altri progetti innovativi? 

Abbiamo ripristinato il Progetto “Ospedale porte aperte” che consiste nel programmare attività una volta al mese il giovedì dalle ore 16 alle 22, il sabato mattina e la domenica mattina per cercare di venire incontro a tutte le esigenze. L’obiettivo condiviso è quello dell’OMS ovvero eradicare definitivamente l’HCV entro il 2030. Purtroppo l’emergenza pandemica da Covid 19 ha determinato un rallentamento  nella diagnosi e cura di questa infezione cronica. In Italia sono stati avviati, ad oggi, oltre 250.000 trattamenti antivirali ma il numero totale dei soggetti HCV+ non è ancora stato raggiunto. E’ noto che per questa infezione virale cronica, che decorre caratteristicamente ‘silenziosa’ fino ad arrivare agli stadi più avanzati della malattia, con cirrosi e cancro, esiste un cosiddetto ‘sommerso’ ovvero un grande numero di soggetti portatori di infezione virale, asintomatici , inconsapevoli, quindi, privi di screening e non avviati a terapia. Allo scopo di contribuire fortemente all’emersione del sommerso di HCV, abbiamo avviato, negli anni pre–pandemia, campagne di screening itinerante della popolazione. Dotati di camper, personale qualificato e test non invasivi come quello capillare, abbiamo raggiunto noi le persone e proposto loro di sottoporsi ai test. La pandemia da Covid19 ha interrotto questo ambizioso processo, ma noi ne abbiamo portato avanti e concluso con successo uno altrettanto ambizioso: a luglio 2020 abbiamo avviato, insieme ad EpaC ed alla nostra Associazione Onlus Astra trapianti, ed all’ASL con il coinvolgimento dei giovani medici Usca, una campagna di screening congiunto HCV + SarsCov2 presso il Comune di Casola di Napoli. Sono stati eseguito quasi 3000 test capillari per la ricerca  di anticorpi per entrambi i virus ed è stato valutata la diffusione sia dell’HCV che del sarsCov2. I pazienti positivi all’epatite C sono stati avviati subito a  terapia presso il nostro ambulatorio specialistico nell’ambito del cosiddetto “Modello Gragnano” che consiste nell’avviare a terapia il paziente con epatite C nel minor tempo possibile: Il paziente alla prima visita esegue anche una ecografia del fegato ed un fibroscan; viene disegnato il progetto terapeutico con gli esami da fare ed appena pronti vengono inviati via mail: alla ricezione, valutata la idoneità al trattamento, il paziente viene convocato in ospedale ed in collaborazione  con il farmacista ospedaliero viene consegnata la terapia. Il Comune di Casola di Napoli è stato così il primo Comune italiano HCV-free. Il lavoro non è ancora finito.

Nella foto: il dottor Carmine Coppola con il suo staff

(Fine Prima parte – continua)

Dai un’occhiata al nostro articolo precedente!

Seguici anche su Twitter, Facebook, InstagramYoutube!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui